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giovedì 28 marzo 2024
Attratta dalla vita devota
Pensiero del giorno
(Sant'Alfonso Maria de Liguori)
mercoledì 27 marzo 2024
Avviso da Piacenza
Giovedì Santo 28 marzo
18.00 Messa solenne in Coena Domini e spoliazione degli altari (Nos autem)
20.00-23.00 Adorazione e Confessioni nella chiesa di S. Giorgino
Venerdì Santo 29 marzo (Digiuno e astinenza)
7.30 Ufficio delle Tenebre
10.00-12.00 Confessioni in Duomo
16.00 Via Crucis
17.00-18.00 Confessioni in S. Giorgino
18.00 "Messa dei Presantificati" (adorazione della Croce)
Sabato Santo 30 marzo
7.30 Ufficio delle Tenebre
10.00-12.00 Confessioni in S. Giorgino
18.00 Vigilia della Risurrezione, Benedizione del fuoco e del Cero Pasquale, processione del Lumen Christi, canto dell'Exultet, Santa Messa della Vigilia e Vespro
Domenica della Risurezione 31 marzo
9.00 Messa bassa (Resurrexi)
10.30 Messa solenne (Resurrexi)
17.00 Vespro e Benedizione Eucaristica
18.00 Messa bassa (Resurrexi)
Lunedì di Pasqua 1° aprile
18.00 Messa propria (Introduxit)
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Un assassino pentito
Nel novembre del 1967 partivo in macchina da Ancona; feci una visita alla Santa Casa di Loreto, poi una tappa a Recanati per vedere l'abitazione di Giacomo Leopardi e dopo mi spinsi sino a Macerata.
Qui cercai e trovai chi da tempo desideravo vedere: l'uccisore di Santa Maria Goretti, Alessandro Serenelli.
Era ed è tuttora nel convento dei Padri Francescani; non è Frate, ma vive con loro.
Ci scambiammo un abbraccio ed un bacio. Parlammo a lungo.
Guardavo il Serenelli e pensavo: Ecco qui un assassino, che ha dato una Santa alla Chiesa di Dio! È grande la Provvidenza Divina, che dal male sa ricavare il bene!
A diciotto anni, spinto da malvagia passione, crivellò di coltellate il puro corpo di Mariettina Goretti.
Il suo delitto indignò il mondo.
È vero che il Serenelli è stato un assassino, però si è riabilitato con il vero pentimento e la lunga penitenza.
Gli domandai:
- Lei che concetto aveva della Goretti prima ancora di ucciderla?
- Era una santina. Il mio fu un momento di pazzia. Sono tanto pentito del mio delitto. Scontai nelle varie Case Penali; quattro anni mi furono tolti per amnistia e ventisei anni li trascorsi nella cella. Appena uscito dal carcere, andai a gettarmi ai piedi di Assunta, la madre di Mariettina, domandando perdono. Ebbi una dolce visione della Santa, che poi narrai a Roma ai Monsignori prima che la fanciulla fosse santificata.
- Signor Alessandro, non pensi più al passato. Ripari sempre il suo delitto, facendo opere buone e pregando. Le raccomando la Comunione.
- Tutti i giorni mi comunico; e poi ... preghiere, Rosari, visite a Gesù Sacramentato. -
Serenelli è così pentito del suo omicidio, che vuol lasciare un documento ai posteri. Con i piccoli risparmi ha pensato di fare erigere un monumento di marmo « La statua del perdono », raffigurante la giovane Goretti in posizione eretta e lui in ginocchio, ai suoi piedi, implorante perdono.
Un solo delitto commise il Serenelli e per tutta la vita lo sta riparando.
E quelli che hanno le mani macchiate di sangue e non per uno ma forse per più delitti, togliendo la vita ai pargoli, quale pentimento ne hanno e quale penitenza ne fanno?
Per costoro: o dura penitenza e forte riparazione, oppure eterna dannazione!
[Brano tratto da "Satana nel mondo" di Don Giuseppe Tomaselli; imprimatur: + Francesco Tortora, Vescovo-Prelato, S. Lucia del Mela 13 - 5 - 68].
Passione di Cristo
Pensiero del giorno
martedì 26 marzo 2024
Amabilità e dolcezza nel confessare i penitenti
Anche Padre Felice Maria Cappello (1879-1962), degnissimo seguace di Sant'Ignazio di Loyola e ricercatissimo confessore morto in concetto di santità, voleva che i confessori non fossero mai severi, ma usassero tanta bontà coi penitenti. A tal proposito scrisse: "Nell'applicare i principii alle coscienze ci vuole tanta prudenza, tanto buon senso, tanta bontà. (...) Nei suoi pareri e decisioni non usi mai la severità. Il Signore non la vuole. Giusto sempre, severo mai. Dia sempre la soluzione che permetta alle anime di respirare. Non si stanchi d'insistere sulla confidenza. Si persuada che le anime hanno soprattutto bisogno di essere incoraggiate e di credere sempre più nell'amore di Dio, che è immenso".
Pensiero del giorno
lunedì 25 marzo 2024
Gratitudine
Pensiero del giorno
domenica 24 marzo 2024
Canale Telegram "Cordialiter"
informo i nuovi lettori del blog che nel giugno del 2022 ho aperto un canale su Telegram. Per trovarlo e iscrivervi vi basta aprire l'app sul vostro smartphon, poi premere sul simbolo della lente d'ingrandimento in alto a destra e scrivere "Cordialiter" sulla barra delle ricerche. Una volta entrati nel canale, se ci si vuole iscrivere per ricevere gli aggiornamenti bisogna premere sul tasto "Unisciti" in basso.
Sursum corda!
Sant'Alfonso criticò il rilassamento degli istituti religiosi
Ma, domando, può dire oggidì il Signore di tutti i religiosi che vivono: Questi sono la mia delizia? Oimè, piange la Chiesa, perché vede nei religiosi un comune rilassamento di spirito, unito ad una gran freddezza nel divino servizio! Non si nega, che vi sono i buoni fra tanti i quali vivono da veri religiosi, separati dagli attacchi mondani, e che attendono a farsi santi ed a portare anime a Dio. Vi sono questi, ch'io chiamo giudici, che un giorno serviranno per giudicare i loro compagni nella valle di Giosafat; ma questi buoni religiosi, questi giudici, quanti sono? [...] son troppo pochi, come si vede; e perciò piange la Chiesa con tutti coloro che amano la gloria divina.
Non conviene alla mia picciolezza parlare qui da censore e notare i difetti in cui al presente comunemente cadono i religiosi, per li quali poi invece di dare edificazione coi loro esempi, sono di ammirazione e di scandalo agli altri. Mi dirà alcuno: Ditemi, signor riformatore, quali sono questi difetti comuni? ed insegnateci che abbiamo noi a fare per esser buoni religiosi. No signore, io non pretendo di riformare il mondo, e perciò non voglio inoltrarmi a dichiarare i difetti particolari che oggidì son fatti usuali. Dico solamente a voi che così m'interrogate, che per essere un buon religioso voi ben lo sapete quel che si ha da fare; nel vostro noviziato ben foste istruito da' maestri sulla pratica delle virtù che avevate dipoi ad esercitare nella religione, cioè l'ubbidienza, il distacco dagli affetti terreni, l'amore alla povertà, l'annegazione di voi stesso, il desiderio di essere umiliato, e tutto l'altro che bisogna a viver da buon religioso. Ma perché nel tempo presente la tepidezza e il rilassamento si è fatto comune, e poco più si attende agli obblighi dello stato religioso, pertanto poco si attende all'emenda de' difetti.
[...] Per lo più i novizi che perseverano sino al fare i voti, vivono con fervore di spirito e danno edificazione; ma il male è che, dopo aver fatti i voti, applicandosi agli studi, subito cominciano ad intepidirsi, e trascurano di conservar lo spirito acquistato e di praticare i buoni propositi concepiti nel noviziato, in modo che da quel tempo, in vece di avanzarsi nelle virtù, di giorno in giorno van decadendo e si avanzano nei difetti. Indi quando poi son posti ad insegnare agli altri, cresce il rilassamento; mentre da allora in poi poco si attende a faticare per la gloria di Dio, ma per vantaggiare i propri interessi con passare a gradi maggiori di magistero, e così poi giungere a fare una vita meno soggetta e più comoda.
La religione con giusti fini costituisce i gradi, per cui debbono avanzarsi i religiosi, acciocch'essi maggiormente indi promuovano il bene delle anime con instruire gl'ignoranti ed infervorare i tepidi. Ma la disgrazia è che in molti religiosi il mezzo diventa fine: poiché col tempo non tanto si bada al bene della religione e dell'anime, quanto ai propri vantaggi temporali. Io ritorno a protestarmi che non pretendo di fare il riformatore, ma considero che da tali scalini si fomentano poi nelle comunità religiose tutte le ambizioni, e per conseguenza tutt'i decadimenti di spirito. Onde concludo che molto meglio sarebbe che i maestri, dopo aver compiuto il corso del loro magistero, restassero nello stesso umil grado, nel quale erano uscendo dal noviziato; perché così ognuno attenderebbe a far l'officio suo, non già per fini particolari, ma solo per adempire la divina volontà e per ubbidire a' suoi superiori. Ma perché poi dalla lettura si passa a ricevere maggiori comodi di stanza, di servitù e di preminenze; questa è la cagione perché pochi religiosi si avanzano nello spirito e nell'edificazione che dovrebbero dare agli altri. E quindi avviene che tutti i buoni piangono in vedere un rilassamento universale nelle religioni, come troppo oggidì è palese a tutti. Dov'è oggidì (comunemente parlando) nei religiosi lo spirito di ubbidienza, lo spirito di povertà, di mortificazione, di annegazione interna? Dov'è l'amore alla solitudine, alla vita nascosta, il desiderio di essere disprezzato, come han desiderato i santi? Queste sorte di virtù son divenute cose strane e pare che se ne sia perduto anche il nome.
Ma che rimedio vi sarebbe a questo male così grande e così universale? Che voglio dire? Il rimedio ha da venire dal cielo; e perciò dobbiamo noi pregare il Signore, ch'egli rimedi colla sua potenza e pietà; giacché, siccome il buono spirito dei religiosi si comunica ancora ai secolari, così all'incontro del loro rilassamento anche gli altri ne partecipano. Io per me stimo che questo raffreddamento delle religioni per la maggior parte dipende dalla mancanza e trascuratezza dell'orazione; e la mancanza dell'orazione dipende dalla mancanza del ritiro e raccoglimento. Troppo fa vedere l'esperienza, che quanto più taluni s'immergono a trattare cogli uomini, tanto meno desiderano di trattare con Dio; e quanto più essi trattano col mondo, tanto più Iddio da loro si ritira. Volentieri io parlerei (disse un giorno il Signore a s. Teresa) a molte anime; ma il mondo fa tanto strepito nel loro cuore che la mia voce non può sentirsi. Immersi pertanto molti religiosi negli affari di terra, poco pensano a stringersi con Dio. Vorrebbero levarsi dal fango della loro tepidezza e sciorsi dagli attacchi terreni in cui si trovano implicati; ma le passioni, da cui non si fanno forza a staccarsi, li tirano sempre al basso, e così perdono l'amore all'orazione.
Gli antichi monaci attendeano molto all'orazione, e perciò si faceano santi, e coll'edificazione che davano santificavano anche gli altri. Ma oggidì tutto manca perché è mancato lo spirito di orazione; e pertanto si manca all'umiltà, al distacco del mondo e all'amore a Dio; e mancando l'amore a Dio, mancano in conseguenza tutte le virtù.
Preghiamo dunque Gesù Cristo, il quale solamente può rimediare a tanto male, preghiamolo che infonda ai religiosi il suo santo amore e il desiderio di farsi santi; perché al presente par che i religiosi abbiano perduto anche il desiderio di farsi santi. Ognuno vede la necessità che vi sarebbe d'una riforma generale nei religiosi, nei preti e nei secolari, nel veder così dilatata da per tutto la corruzione dei costumi.
Pensiero del giorno
sabato 23 marzo 2024
Non è obbligatorio confessare i peccati dubbi
Ecco cosa afferma in proposito Padre Eriberto Jone (1885 - 1967), uno dei teologi moralisti più autorevoli del XX secolo: "Quando si dubita d'aver commesso un peccato o che si tratti di peccato grave o che sia già stato debitamente confessato, in pratica non v'è obbligo di confessarlo" (citazione tratta da "Compendio di Teologia Morale", casa editrice Marietti, traduzione dal tedesco a cura di Padre Ilarino da Milano, 1964).
Alle persone che soffrono di scrupoli i confessori dovrebbero proibire di confessare i peccati dubbi. Le persone che non soffrono di scrupoli e per tranquillità di coscienza vogliono confessare i peccati mortali dubbi (ad esempio perché non ricordano se hanno avuto piena avvertenza della gravità della materia oppure perché non sono sicure di aver dato il pieno consenso della volontà) devono specificare che si tratta di colpe dubbie.